Con la sent. n. 134 la Corte ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 14 della legge regionale Calabria n. 36/2024, che:
– al comma 1, vietava la realizzazione di impianti a biomassa con potenza superiore a 10 MW termici nei parchi nazionali e regionali calabresi;
– al comma 2, imponeva agli impianti già esistenti l’obbligo di adeguarsi entro sei mesi a tale limite di potenza, a pena di decadenza dell’autorizzazione.
Il divieto assoluto previsto dal comma 1 è stato infatti ritenuto incostituzionale per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., poiché interferiva con la materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia». La giurisprudenza costituzionale ha chiarito che le Regioni possono individuare, con legge, le aree non idonee all’installazione di impianti da fonti rinnovabili (FER), ma tale qualificazione non può tradursi, come invece avveniva nel caso di specie, in un divieto generalizzato e preventivo (il dissenso di enti locali può comunque essere superato dal Consiglio dei ministri nell’ambito del procedimento autorizzativo).
Il comma 2 è stato anch’esso dichiarato incostituzionale, sia per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., sia degli artt. 3 e 41 Cost., in quanto imponeva un divieto assoluto di prosecuzione dell’attività a impianti già autorizzati, senza tenere conto del principio di legittimo affidamento e della tutela dell’iniziativa economica. La norma, configurandosi come legge-provvedimento, colpiva infatti un unico impianto (la centrale del Mercure) introducendo una disciplina sproporzionata, priva di un’adeguata giustificazione ambientale e con effetti potenzialmente lesivi anche per i lavoratori coinvolti.